Pagine

domenica 29 ottobre 2017

Biografia di un bradipo




                                                           pezzo di copertina

Mi hanno chiesto la biografia.
Già scrivere il riassunto di un libro è un’operazione complicata, come si fa a scrivere il riassunto di una vita?
Ecco un motivo per cui preferirei avere vent’anni, o anche trenta. Ma ormai ho una certa età e di cose me ne sono successe tante.
Ma poi, di me, che cosa gliene frega alla gente? Quello che conta dovrebbe essere la storia, il racconto, non la mia vita. Se mai il libro verrà letto spero piaccia per le storie raccontate, non per la biografia del suo autore.
Vi è mai capitato di sentir dire: «Ho letto un libro che, guarda, il libro è stupidino, ma leggere dove è nato e cosa fa l’autore è una roba micidiale!»?
Secondo me leggere, scrivere dove è nato, che mestiere fa l’autore è solo una tradizione consolidata, si fa perché bisogna farlo, ma non credo interessi più di tanto ai lettori.




Cosa ci scrivo? Quello che mangio, quello che cucino, come dormo, se mi alzo col piede destro oppure con il sinistro? Interessa a qualcuno sapere se preferisco il salato al dolce? Se preferisco il Cabernet al Rabosello?  L’Aperol o il Campari?
Come posso sintetizzare la mia storia in poche righe?  Nessuno può riuscire a sintetizzare la sua vita in tre righe, solo le lapidi al cimitero lo fanno e se continua così sulla mia scriverò se rinasco ci rinuncio.
Neanche un bradipo può sintetizzare la sua vita in tre righe, lui che è l’animale più lento al mondo e anche il più sereno, e questo dovrebbe insegnarci qualcosa. Anche la sua biografia sarà lenta, ma non corta.
Comincio dalla nascita o dalle attività teatrali? Racconto del mio primo bacio, rubato grazie a un papavero raccolto in un campo, parlo della mia famiglia, nella quale sono figlio unico con quattro fratelli?
Solo a parlare della mia famiglia ci vorrebbe un romanzo, la situazione è così complicata che ancora adesso non ho capito come potessi avere tre nonne.
Del mio lavoro non parlo, rischio che tutti mi scrivano per informazioni su adsl, fibre ottiche o bollette troppo saporite.
Forse interessa di più l’aspetto artistico, ma è solo un hobby, un passatempo. Se andassi a pescare interesserebbe a qualcuno sapere cos’è la pesca all’inglese o la pesca al tocco?
Però scrivere nella biografia che fai teatro, scrivi commedie e sei regista dà quel tocco in più. È vero che faccio tutto questo, ma vivo lavorando con un furgone e con le mie minimo otto ore al giorno, usando scale e strumenti strani.
Il principe Antonio de Curtis, Totò, diceva: «Con l'Altezza Imperiale non ci ho fatto nemmeno un uovo al tegamino, mentre con Totò ci mangio dall'età di vent'anni».
Comunque la biografia va scritta, serve per dare al lettore informazioni sull’autore, allora la scrivo.

Biografia


Nato a Vicenza

autore teatrale e regista amatoriale

impiegato tecnico nelle telecomunicazioni.


Credo di avere detto tutto quello che serve.


Adesso devo anche cercare la foto, spero almeno mi assomigli.


domenica 22 ottobre 2017

alla fine è arrivato l'editor



pezzo di copertina


Alla fine è arrivato l’editor


Le sorprese arrivano anche per e-mail. In realtà non era una sorpresa, piuttosto una attesa.

L'e-mail dell'editor è arrivata. Alluxinati_revE1, l'allegato ha questo nome. Dovrò rispondere con un Alluxinat_revA1, dove E sta per editor e A sta per autore, cioè io. 

Non so se vi ho già detto che ho scritto un libro.

Allora mi prendo un po’ di tempo, sono curioso di aprire l'allegato ma mi piace immaginare cosa ci sia dentro.

Come con i pacchi dei regali; c'è chi li apre subito strappando i nastri e la carta, chi li apre con cura, con piccoli movimenti graziosi per non rovinare né i nastri né la carta. A volte qualcuno li scuote per cercare di intuire, dal rumore, il contenuto.

Regalai alla mia fidanzata, futura moglie, una collanina d'oro. Cercando di essere originale comperai un piccolo barboncino azzurro di peluche, avvolgendo la collanina al suo collo.

Non incartai il peluche, semplicemente lo nascosi dietro la schiena. Appena lei aprì la porta le consegnai il regalo. In effetti gradì molto la sorpresa e il barboncino venne posato in bella mostra sopra il mobile del salotto.

Circa un mese dopo le chiesi se le era piaciuta la collana d'oro. "Quale collana?".

Ammetto che non era molto vistosa, era piatta e abbastanza lunga da fare due giri attorno al collo del barboncino. Ma lei non l'aveva notata e le sarebbe bastato il finto cagnolino. Ad averlo saputo!

Alla fine ho aperto l'allegato revE1. Sono rimasto sorpreso e soddisfatto. L’editor mi aveva detto che avrebbe fatto le correzioni in rosso, ma era tutto nero, nessuna modifica, tutto perfetto!

Avevamo fatto davvero un bel lavoro di squadra, eravamo riusciti a scrivere in modo corretto. Bravi.

Prima di rispondergli che potevamo andare in stampa, per scrupolo, ho riletto la mail.

Mi spiegava di aprire il file in modalità revisione.





Penso che forse finirò a Natale. 

In pratica non c'è una pagina senza scritte rosse. Non capisco cosa ci trovino di piacevole gli editor a rovinare in questo modo i libri degli altri. 

Raccontano che in ortopedia per riaggiustare ossa che si sono mal saldate le rompano a forza. Secondo me il mio editor sarebbe un ottimo ortopedico. 

Qualcuno mi aveva avvisato e aveva ragione, dicono di fidarmi e che lo fa per il bene del libro.

Ha smontato tutto e adesso devo ricostruire. 

Quale altra scelta ho? Ha detto che il libro gli piace, per fortuna. 







domenica 15 ottobre 2017

Si....no...ssi mah!

                                                      
                                                      




  pezzo di copertina

Mi chiedono di scrivere la sinossi, sapevo di doverlo fare solo non ne avevo voglia.
In pratica un riassunto del libro, non solo, deve essere accattivante e incuriosire il lettore.

Pensavo bastasse il titolo: Alluxinati, invece no, serve la sinossi, il riassunto accattivante.

Il libro è già un riassunto di alcune storie, fare il Bignami delle storie verrà fuori un paio di righe che non dicono niente.

E poi il fatto che bisogna scrivere.

La scrittura non è un’azione che succede a comando, prima deve esserci una storia da raccontare. Non è semplice aprire una pagina word, bianca, immacolata, e scriverci cose. L’impressione è di sporcare un foglio, se non hai idee giri a vuoto.

Scrivere per me significa accumulare una massa critica di emozioni, storie, situazioni che poi sfociano e irrompono su di una pagina in forma di parole. Come una diga su di un lago, si apre solo quando il livello dell’acqua ha raggiunto il culmine. Una volta iniziato tutto diventa più semplice, ma non hai limiti matematici al numero di parole, non hai restrizioni, scrivi in libertà, poi rileggi, limi, ceselli.

Non sono in grado di scrivere su ordinazione.

Scrivere succede per una necessità creativa non dopo un ordine diretto, ma bisogna scrivere la sinossi, il riassunto.

A scuola, prima di alcuni compiti scritti, matematica sopratutto, usavo delle strisce di carta lucida, con la china nera ci scrivevo le formule, i diagrammi, le funzioni. Poi le arrotolavo fino a farle diventare piccole pergamene di 3 o 4 centimetri. Le nascondevo in tasca e, non visto, le andavo a scorrere nella ricerca della formula magica per trasformare un 4 in un 6. Purtroppo il più delle volte non riuscivo a trovare quello che mi serviva, era scritto troppo in piccolo. Forse anche per questo sono stato rimandato a settembre in matematica. Dalla prima superiore alla quarta. In quinta non c’era matematica. Ricordo che su un compito ho preso 1.
Sto divagando devo scrivere la sinossi.


Ho buttato giù delle righe.

Sinossi di Alluxinati

Siamo gente di provincia, e per chi nasce ai margini è tutto più complicato.

Un gruppo di ragazzi tenta di eludere la morsa che alla fine li avrebbe bloccati adulti in una avvolgente gelatina di responsabilità. La gestione di un cinema parrocchiale diventa la via di fuga. Il teatro offre loro una serie di avventure commoventi, divertenti e a tratti rocambolesche. Convinti di avere un’energia inesauribile, riusciranno a girare l’Europa con vari mezzi, alcuni dei quali improbabili, nel tentativo di imporre al destino la loro regia.

Mah…


Basta che funzioni, speriamo che sia così. Woody Allen ci ha fatto pure un film nel 2009



leggi il post successivo

leggi il post precedente

domenica 8 ottobre 2017

Alcune parole che non ho scritto

                                                   


                                             pezzo di copertina

Alcune cose, nel libro che uscira', non sono state scritte.
Per vari motivi: autocensura; dimenticanze, velate minacce.

Tacerò le storie censurate, sarebbero inopportune e urterebbero la sensibilità di alcuni.
Alcune cose cassate per minacce non le racconterò, per evitare vendette.
Tra queste la storia di un sacco a pelo perduto in un parco a Parigi, affogato nella bruma fangosa dopo essere stato alcova per qualcuno del gruppo e mai più restituito all’ignaro proprietario.


Alcune altre dimenticate, o meglio ricordate troppo tardi, posso accennarle qui.
L’addio al celibato nel piazzale di Monte Berico.
Quella notte d’estate giocammo a calcetto sparando pallonate e gridando, fino a quando uno di noi si arrampicò nel pennone più alto per guardare il panorama. Tutti si zittirono, lasciando rotolare il pallone calciato dal futuro sposo con l’inguine depilato, come da tradizione.
Qualcuno andò a riprendere la palla e scoprì un panorama più interessante dentro un’auto appartata in prossimità di una fontanella.
Accanto all'unica fontanella del grande piazzale era parcheggiata, discreta, un’auto, con a bordo una coppia. Tutti accorsero per la foto ricordo dell’addio al celibato con sfondo di giovani amanti. Le nostre intenzioni erano innocue, ma lo sapevamo solo noi.
Lei, nuda, cercava di coprirsi e difendersi dai nostri sguardi. Lui spavaldo ci spiazzò tutti: uscì nudo, ci salutò e con indifferenza si diresse alla fontanella, non per bere, ma per lavarsi. Ci distrasse quel tanto che bastò alla fanciulla per rivestirsi. Molto astuto.

Probabilmente i frati, o le suore, chiamarono la polizia che arrivò in due pattuglie, senza sirene, solo con i lampeggianti.
Arrivarono un attimo dopo che i due giovani si erano allontanati applauditi da tutti noi. I poliziotti ci chiesero i documenti, videro il pallone, capirono la situazione e se ne andarono convinti che in fondo fossimo innocui.

Ci invitarono ad andare a casa, oppure via da lì, ma soprattutto a non fare cretinate pericolose. Non si accorsero del pazzo sul pennone, precursore dell’uomo ragno. Aspettammo la sua discesa, poi lo depilammo in silenzio per punizione.

Non fu però l’unica arrampicata del gruppo. La più famosa avvenne in occasione della ristrutturazione del campanile del nostro paese. 




Qualcuno, un sabato notte, salì fino alla fine dell’impalcatura. Alla mattina iniziarono le messe e i fedeli notarono con sorpresa una grande bandiera dei pirati sventolare sulla punta del campanile trasformato nel pennone di una fantastica galera.

Altra storiella tralasciata per dimenticanza fu quella del viaggio a Busto Arsizio in Fiat 700 per conoscere Mani Tese. Viaggio lungo, che richiese pazienza e tappe forzate a causa di un intenso odore di pecorino rancido.

La Fiat 127 veniva usata per trasportare i prodotti da vendere nel negozio del papà di uno di noi e una piccola forma di pecorino si era persa. Nel lungo viaggio sotto il sole estivo, quando ancora non esistevano i condizionatori, il pecorino diede il meglio di sé.

E poi ci sarebbe da raccontare di un lampione che si spense al passaggio di un’auto mentre noi stavamo per... Ma qui il rischio è troppo e mi fermo.

Ormai il libro è scritto e l’editor incombe, e per il momento tace.

...tace.




domenica 1 ottobre 2017

Alla fine ho dovuto firmare





                                                             pezzettino di copertina


Alla fine ho dovuto firmare.
Anche l’editore ha le sue esigenze, lui crede nelle potenzialità del libro, lo stamperà.

Trovare l’editore è stato stranamente semplice. Ho chiamato Renato, che ha scritto dei libri, due libri impegnativi e seri, lui sì che sa scrivere, io improvviso.
Ho chiamato Renato per dei consigli. Era da un po’ che non ci sentivamo. Lo chiamo, lui risponde subito “ti aspettavo”. Aveva letto il blog, scrive libri, questo lo sapevo, ma fa anche l’editor, e la mia idea gli piace. Mi parla, mi tranquillizza e mi convince. Secondo lui può essere un buon libro, anzi non scriverlo sarebbe da sciocchi. Così lo scrivo.

Faccio errori, combatto una guerra persa con le d eufoniche, quindi chiedo aiuto e Lucia mi tende una mano, con pazienza controlla tutte le mie bozze, le corregge, mi aiuta a dare il meglio. Poi chiedo a Jenny, anche lei ha scritto due romanzi, tra l’altro per lo stesso editore. Le invio la bozza. La legge in fretta, corregge, mi spiega, mi convince a continuare. Così mi trovo a riscrivere, a modificare e a inserire o togliere. Lo scritto prende forma, comincio a crederci: forse sì, forse posso scrivere un libro.

Ma non sono convinto. Chiedo a Marilisa di leggerlo, controllarlo, esprimere un parere. Lei lo fa, e mi spiega tecniche di narrazione, l’importanza dei dialoghi, la necessità di descrizioni per permettere alle persone di immaginare luoghi, oggetti, scene. Allora modifico ancora, aggiungo, taglio, cucio. Divento un sarto che invece di ago e fili usa parole e virgole, tastiera e video. Il libro cambia ancora, si sviluppa, adesso suona bene, il racconto trova la sua voce, la lettura scivola con garbo.

Ora servono le giuste pause, dare respiro, permettere al lettore di fermarsi a riposare un poco la mente. Ci sono tante cose narrate che mettono fretta e bisogna dare respiro. Allora Sara mette i capoversi, crea le pause giuste, ora il lettore non va più in apnea, ora legge con calma.

Però non mi accontento, voglio fare una cosa bella, metterci del mio, curare i dettagli: se deve essere fatto, almeno che sia fatto al meglio delle mie possibilità.

Quindi cerco uno studio grafico per curare la copertina e un fotografo per la foto dell’autore, che sarei io.

Studio grafico, e penso a Kate, lei lavora come grafica, ha uno studio suo, Noparking. Allora la chiamo, risponde, “ti aspettavo”. Kate mi aspettava, la Kate, quella che scrisse è finita nel 1984, la Kate, che non girò l’Europa e rimase a casa a bruciare magliette. È lei il miglior studio grafico possibile per questo libro. Lei c’era, e c’è ancora. 

E poi Alice, perché Kate ha le idee, ma Alice ha i disegni. Alice e io ci conosciamo da un po’, addirittura ha recitato con me.

“Kate, non serve, con Alice parlo io!”. E così iniziano i casini; Alice vuole gratificare me, io non so una mazza di grafica, non capisco cosa funziona oppure no. Alla fine, con timore, torniamo da Kate, Alice e io. Kate mi guarda con rimprovero, “se stavi zitto era meglio”. Ha ragione, così mi siedo e taccio. Affido a loro la copertina. Alla loro fantasia, alla loro competenza. La copertina viene fatta, a mia insaputa. Non mi tengono aggiornato, neanche mi consultano, ma alla fine, con sofferenza, una sera mi arriva un whatsapp di Kate “sei pronto?”, “sempre” e mi arriva, non subito, devo patire ancora una decina di minuti. Arriva il disegno, la copertina. 

Ma non è una copertina, quello che vedo è la sintesi del libro, in un disegno c’è il contenuto. La leggerezza, la comicità, la tristezza, il teatro. Perfetta, non esiste altra parola per descriverla questa meravigliosa copertina. Ecco un’altra cosa che ho imparato, lascia fare a chi sa e porta pazienza.

Poi arriva il giorno in cui devo passare all’editore il lavoro, firmare il contratto ed entrare nella fase di editing.






L’editor Renato ora deciderà cosa tenere, cosa cambiare, magari non vanno bene le modifiche, magari ci sono ancora delle d eufoniche sopravvissute, magari.
Il giorno della consegna e della firma è arrivato, mi hanno mandato un whatsapp “ci troviamo a Padova Piazza Insurrezione 18.20 domani”.

Così parto, prendo la macchina piccola per parcheggiare meglio, mi prendo anche un’ora di permesso per non arrivare tardi, così arrivo troppo presto. Parcheggio lo stesso in piazza e aspetto Renato, insieme andremo dall’editore.

Aspetto quasi un’ora, poi Renato arriva, sereno, tranquillo, almeno uno dei due è calmo.
Andiamo in Piazza della Frutta, Bar Margherita. Trovo l’editore, ci sediamo, ecco il contratto, lo firmo, beviamo uno spritz. Due parole rapide. Renato ha già parlato di me e del libro all’editore, sa tutto, gli piace, possiamo andare.

In due minuti torniamo in Piazza Insurrezione, Renato mi saluta, vado a pagare il parcheggio.
È filato tutto liscio, nessun problema, inserisco il biglietto per pagare, sono due ore che sono lì. Abbiamo parlato quindici minuti. La cassa automatica mi mostra la cifra da pagare: mi viene da urlare, era tutto così perfetto, ma perché, perché due ore in Piazza Insurrezione costano 10 €?


Li metterò nella colonna delle spese. Speriamo di pareggiare i conti, almeno.


leggi il post successivo